A quei tempi, infatti, possedere il controllo mercantile significava enormi entrate nelle casse di chi governava, oltre al prestigio nei confronti di altri paesi non confinanti con il mare. Lanciano, non avendo un approdo efficiente, si appoggiava per i suoi traffici al porto di Ortona fino a quando, stanco di alcuni soprusi e dei costi sempre più alti, decise di costruirsi, con l’assenso del Re Alfonso, un proprio approdo nella piccola e confinante cittadina di San Vito.
A questo punto le dispute fra i due paesi, che iniziarono intorno agli anni 1250, si inasprirono sempre più fino al 1463 circa. Per una sintesi storica di questa città ho attinto alle ricerche di un dotto abate di fine 700, Domenico Romanelli, che riuscì a scovare quel poco che il tempo e i barbari non erano riuscirono a distruggere del tutto.
Molto ben fatta la ricostruzione di Nicola Iubatti in “La guerra tra Lanciano e Ortona” quaderno n. 13, Associazione Archeologica frentana, Ortona 1986. Pubblicherò il racconto di questo periodo storico in due o tre puntate soprattutto per invogliare i giovani ad approfondire di più e conoscere meglio le nostre origini.
Quella che comunemente viene chiamata “guerra tra Ortona e Lanciano” non è una semplice disputa campanilistica per il possesso del “porto di San Vito”, ma si inserisce in un quadro ben più ampio e tragico, nei secoli XIV e XV; la lotta per il possesso del Regno di Napoli tra gli Angioini e gli Aragonesi. Certamente gli interessi commerciali furono il movente principale, ma non l'unico. Secondo gli storici del tempo il tutto inizia nel 1250, il 4 ottobre, allorché una nave lancianese, ancorata nel porto di Ortona, fu incendiata nella notte.
I lancianesi chiesero i danni all'Università di Ortona, oltre alla consegna degli autori dell'incendio. Le richieste non vennero esaudite e da questo momento i rapporti tra le due città, che fino ad allora erano stati generalmente buoni, si incrinarono.
L'anno dopo navi ortonesi impedirono alle navi dei mercanti stranieri di sbarcare le mercanzie e di recarsi alla Fiera di Lanciano. A questo punto i lancianesi attaccarono Ortona, incendiando le porte e facendo alcuni prigionieri. Tali scaramucce durarono fino al gennaio del 1252, allorché, il 24 gennaio, i sindaci delle due città giunsero alla pace, che tra l'altro prevedeva da parte di Ortona il rimborso di metà del valore della nave bruciata due anni prima, oltre ad esentare dai dazi i mercanti che sbarcavano nel suo porto per le fiere di Lanciano; a sua volta i lancianesi si impegnavano a liberare i prigionieri catturati l'anno prima. La pace così concordata non durò a lungo,….
Infatti il 10 giugno del 1321, il principe Carlo Roberto concesse ai lancianesi un privilegio in cui si affermava che i mercanti diretti alle fiere di Lanciano non erano più obbligati a sbarcare le loro merci ed a pagare i dazi ad Ortona. Per tutta risposta le galee ortonesi, più due triremi, assalirono, «piratico more », molte navi mercantili dei lancianesi, nei pressi di Francavilla. Tali episodi di pirateria spinsero i lancianesi a chiedere alla Regina Giovanna il permesso per poter costruire un porto a San Vito; permesso che fu accordato il 2 giugno 1365, ed inoltre sette anni più tardi fu data anche l'autorizzazione a costruire una rocca a difesa del porto. I lavori per la costruzione della rocca si interruppero durante il 1380, per nuove discordie, questa volta di confine, fra le due Università.
Gli Ortonesi, alla morte della Regina Giovanna, si appellarono al nuovo re Ladislao, il quale il 15 settembre 1395, vietò ai lancianesi di continuare i lavori per il porto. Ma essendo questi continuati, dieci anni più tardi, lo stesso re ordinò di nuovo la sospensione dei lavori sotto pena di mille ducati d'oro. I lancianesi allora pensarono bene di utilizzare lo scalo alla foce del Sangro, ma la nuova regina, Giovanna II, su richiesta ortonese, vietò ai lancianesi l'uso degli scali situati tra Ortona e Vasto, ed ancora il condottiero Muzio Attendolo Sforza, amico ed alleato del nobile ortonese Francesco Riccardi, fece in modo che tutto il territorio compreso tra il Sangro ed Ortona, fosse dato in feudo a quest'ultima.
I lancianesi non si diedero per vinti, e con l'aiuto di Braccio da Montone e del Doge di Venezia, ottennero il 23 gennaio 1421, da re Alfonso la facoltà di costruire a San Vito, un porto ed una rocca. Gli ortonesi cercarono in ogni modo, e con tutti i mezzi di impedire la costruzione del porto, e quotidianamente avvenivano scontri; in uno di questi, sette ortonesi furono presi prigionieri e mutilati nel naso e nelle orecchie: nasi ed orecchie che infilati su rami di ginestre furono portati in giro per le strade di Lanciano, ed ancora fu eretta una colonna davanti al Palazzo del Governatore, e la calcina adoperata era stata sciolta col sangue degli ortonesi uccisi.
A loro volta gli ortonesi, armate alcune navi, piombarono sul costruendo porto di San Vito, distrussero le sue difese, uccisero molti « nemici » e catturata una nave la portarono nel loro porto. A questo punto, il viceré Alfonso, il 23 settembre 1423, per evitare altre stragi, convocò a Napoli i sindaci delle due città per giungere ad un accordo. Due anni più tardi, continuando gli scontri, la regina Giovanna ordinò agli Ufficiali d'Abruzzo di impedire rappresaglie fra le popolazioni ed ancora vietò, tramite il Viceré, ai cittadini di portare armi, ma senza ottenere l'effetto voluto.
Così infierendo la guerra tra i due popoli, frate Giovanni da Capestrano, grandissimo oratore e famoso per i suoi miracoli, essendo venuto a sapere di queste gravi stragi, e volendo sedare tali discordie, giunse a Lanciano il sei dicembre del 1426, dove tenne molte prediche e riuscì a calmare gli animi acerbati portandoli sulla via della pace. Non potendo poi andare ad Ortona, vi inviò un suo confratello, frate Roberto, il quale con i maggiorenni ortonesi ritornò a Lanciano per trattare la pace. Il 14 febbraio 1427, le due delegazioni si accordarono sui capitoli del trattato, e quella ortonese rientrò in sede.
Tre giorni più tardi, il 17 febbraio 1427, nella chiesa ortonese, dedicata a San Tommaso Apostolo, davanti alle Università, a molti testimoni, e a tantissimi cittadini, frate Giovanni, lesse il Lodo di pace tra le due popolazioni.
A ricordo dell'avvenimento le due città decisero di costruire due conventi di frati minori, uno a Lanciano e l'altro ad Ortona. Ed infatti, tre anni più tardi nel 1430 a Lanciano sarà costruita la Chiesa di S. Angelo della Pace, oggi S. Antonio; mentre ad Ortona successivamente fu costruita la Chiesa di S. Maria della Pace, oggi Madonna delle Grazie. Ma la pace realizzata da un così gran santo durò non più di sei anni, perché già nel corso del 1433, cominciò ad incrinarsi. Agli ortonesi sembrava aver perso la padronanza del porto, ai lancianesi di aver ceduto troppo, ed alla morte della regina Giovanna, il 2 febbraio 1435, le due città si schierarono in campo aperto: gli ortonesi, sotto la guida dei Riccardi, rimasero fedeli alla bandiera angioma, i lancianesi appoggiarono quella aragonese.
(Dal numero 11)…
L'angioino Renato, il 17 ottobre 1438, concesse all'ortonese Agamennone Riccardi un privilegio con il quale lo si nominava capitano delle terre, già lancianesi, di Fossacesia, Rocca S. Giovanni e Palombaro. Non appena l'aragonese Alfonso salì al trono i lancianesi, il 22 gennaio 1441, ottennero l'annullamento del « Lodo » del 1427 e la proprietà sul porto di San Vito e quindi la libertà di potervi caricare e scaricare merci, senza più pagare tasse a quello di Ortona. Ciò fu un grave colpo per l'economia ortonese, e come se non bastasse, sei anni più tardi, navi veneziane assalirono ed incendiarono lo scalo ortonese. Gli ortonesi si rivolsero al re chiedendo un aiuto per riparare il porto, e nel corso del 1450 fu concesso un privilegio col quale si permetteva ad Ortona di poter avere una Fiera di 15 giorni nel mese di maggio. I lancianesi si appellarono e nel 1451, tale privilegio fu revocato.
Si era di nuovo in guerra, gli ortonesi assoldarono nel 1452 un corsaro, un certo Miyo Pavone o Mijoparone, il quale con l'aiuto di alcune galee ortonesi bloccò i traffici marittimi lungo l'intera costa abruzzese. Il 26 aprile 1453, il re, da Napoli, ordinò a Bartolomeo Riccardi di togliere il blocco, sotto pena di quattromila ducati d'oro, e licenziare il Mijoparone. Ma gli ordini reali non furono eseguiti, la lotta riprese in modo cruento tanto che ci fu un assalto lancianese contro Ortona, il palazzo dei Riccardi fu assalito e devastato, e lo stesso stemma di famiglia, fu trafugato e portato a Lanciano, stemma che aveva un cardo d'oro e due leoni rampanti pure in oro. Alla fine il partito aragonese uscì vincitore e di conseguenza Lanciano ottenne nel corso del 1463, molti privilegi, tra cui quello già ottenuto da Alfonso sul porto di San Vito. Ortona, già angioina, fu conquistata dagli aragonesi, i Riccardi furono esiliati, la città continuò la sua storia ruotante intorno al porto, ricostruito, dopo l'incendio dei veneziani, più a sud e difeso dalla mole imponente del castello aragonese (4).
(4) Da: Nicola lubatti. La guerra tra Lanciano e Ortona. quaderno n. 13, Associazione Archeologica frentana, Ortona 1986, pp- 11-13