LA CHIESA Di s. Tommaso
vicende dell’ edificio
Dalle origini al sec. XIII
1. La prima chiesa cattedrale, sotto il titolo di s. Pietro apostolo, è localizzata dalla tradizione secolare (Fr. P. Recchini, Appunti per la storia di Ortona, pag. 51) e da antichi manoscritti (Cronicon Farfense di Gregorio da Catino, secc. XI-Xll) sulla Ripa Grande al cospetto del mare (a un dipresso su parte dell'area occupata dal Palazzo Farnese). Gli scoscendimenti della collina. le ricorrenti invasioni dei barbari e rovinosi terremoti avevano ridotto il tempio ad uno stato pietoso; cosicché nel sec. Xlll titolo e mansioni passarono alla chiese di s. Maria.
2. Edificata - probabilmente – sulle rovine di un tempio pagano anch'essa subì incendi e devastazioni. A pianta rettangolare e ad una navata (conclusa nell'abside) era orientata e corrispondeva, grosso modo, all'area compresa dalla cappella di si Tommaso fino a quella di s. Maria Maddalena. A tal proposito è interessante l'attestazione fornita dall'architetto preposto al primo lotto di lavori (1946-1948) per la ricostruzione dell'edificio dopo gli ultimi eventi bellici: «della primitiva chiesa sono venute alla luce con alcune strutture nel completare le demolizioni delle murate pericolanti. Dall'esame di esse e dal ritrovamento di un piccolo documento in piombo stampato al fianco delle fondazioni, ho potuto stabilire che nel sesto secolo era già in via di costruzione. infatti nel documento trovato è impresso un segno caratteristico che mi ha ricordato gli analoghi simboli delle chiese bizantine dei ss. Sergio e Bacco : e di s. Sofia ›› (Dag. Drisaldi ne la Ronda ortonese: «la Cattedrale di s. Tommaso dalla nascita ai giorni nostri»; Anno I. n. 4, 30-3-1946).
3. Nel sec. X è individuata come la «chiesa maggiore di s. Maria››; ad essa vengono legati in testamento dal sacerdote ortonese Pappone «tutti i suoi libri», e dal conte longobardo Accardo monete d'oro e d'argento (D. Romanelli Scoverte patrie, vol. ll, pagg. 265 e 272).
Alla calata dei Normanni l'Abruzzo e Ortona furono sottoposti a saccheggi e scorrerie dal conte d Loritello Roberto nipote del Guiscardo. ll Pollidori, sulla scorta di antichi codici manoscritti, ci informa che la sciagura più esiziale di quell’anno (1060) fu il totale smantellamento della Chiesa di s. Maria. Con ogni probabilità il sacro edificio fu subito riparato. Ma un violentissimo terremoto (1125) rovinò completamente -- sempre al dire delle antiche cronache - anche la chiesa di s. Maria la quale, dopo due anni di intenso lavoro, il 10 novembre fu di nuovo consacrata e riaperta al culto (il Museo della Cattedrale conserva la lapide della « dedicazione ››).
4. Sotto lo svevo Federico ll, avendo Ortona ripreso in pieno il volume dei commerci, alla città adriatica furono di nuovo accordati esenzioni e privilegi. E anche la « sua ›› chiesa venne gratificata di una dote annua di due libre e mezzo di «oro puro» nella persona dell'arciprete e dei canonici di s. Maria (D. Romanelli, o.c., D09- 276). Segno questo che il tempio era in piena efficienza (nel 1255 Mastro Riccardo innalza la torre-campanile) quando la sera del 6 settembre 1258 giunsero le Ossa di s. Tommaso apostolo recate da Leone Acciaioli.
dal sec. XIV al «sacco › dei turchi
5. Il possesso delle Ossa dell'apostolo s.Tommaso costituiva un tesoro troppo prezioso per la «chiesa di s. Maria›› perché gli ortonesi non si preoccupassero subito di renderla più ampia e artisticamente nobile. Dal Bonanni (G. Bonanni: Amministrazione municipale della città di Ortona a mare, secc. XVI, XVII e XVIII; Lanciano 1899, pagg. 41, n. 33) sappiamo che il tempio - verso la fine del secolo - fu ampliato a tre navate e «ridotto a gotico disegno ›› : più propriamente l'area della chiesa divenne navata destra; nel 1311 l'ortonese Nicola Mancino l'adornò persino di un prestigioso portale. Durante un secolo e mezzo l'edificio non subì rifacimenti essenziali.
Va qui ricordato che se porto, commerci e industrie procurarono a Ortona (sotto Svevi e Angioini) un'apprezzata rinomanza in tutto il regno napoletano, le preziose Reliquie di s. Tommaso fornirono a questa città un lustro nella cristianità. D'ogni parte, sicché, si cominciò a venire alla città adriatica, -come si traeva agli altri santuari celebrati: a Roma, alla Terra santa, a s. Giacomo di Galizia, al Gargano [s. Michele), a Bari (s. Nicola), ad Amalfi (s. Andrea). Nella primavera del 1364 e durante l'estate dell'anno successivo visita il tempio la mistica svedese s. Brigida; durante il primo trentennio del sec. XV (1427) vi sostò e vi predicò s. Giovanni da Capestrano per suggellare la pace tra Ortona e Lanciano.
Verso la fine del sec. XIV è impetrata e concessa la indulgenza plenaria (il Perdono] da papa Bonifacio IX; nel 1479 Sisto IV la rinnova e la sposta a maggio.
6. Nel 1456 un violento terremoto, seminando rovine e lutti [il Romanelli: o.c., pag. 326 fa ascendere a quasi 500 i morti), squassa anche la chiesa.
Una volta iniziati i lavori di consolidamento e di restauro l'edificio «fu rimaneggiato e dallo schema a tre navi fu trasformato a croce latina ad unica navata con braccio trasversale e cappelle laterali. l suoi costruttori furono allora costretti a rinforzare in ogni sua parte le strutture portanti del monumento nato per sorreggere un organismo leggero e tutto diverso dall'attuale. Così le sottili colonne sormontate dai graziosi capitelli decorativi e le snelle arcate ogivali che separavano la nave centrale dalle laterali, subendo la mania rinnovatrice del secolo, furono incorporati da possenti pilastri collegati ad archi a tutto sesto; le navi laterali divennero cappelle divise dai contrafforti trasversali degli archi e delle volte» [Dag. Drisaldi: periodico cit., anno I, n. 4).
Fu «voltata›› la cupola, degno coronamento a fianco della «torre» di mastro Riccardo [già innalzata nel 1255): a lato nord della chiesa venne realizzata da maestri veneziani l'elegante e spaziosa sagrestia.
Tra la fine del sec. XV e gli inizi del sec. XVI il sacro edificio poteva dirsi pressoché ultimato.
7. Il «sacco» dei turchi, però, cagionò un vero disastro. ll 1. agosto 1566 l'armata di Piali Pasha, dopo aver incendiato e saccheggiato l'altare-Tomba di s. Tommaso, appiccò il fuoco a tutto il tempio: soffitto, capriate, suppellettili formarono un unico rogo [rimanendo in piedi solo le mura perimetrali e la cupola, ma ridotta in condizioni pietosissime).
Se le Reliquie del Santo risultarono ben tosto ricuperate e sistemate – almeno provvisoriamente - in luogo sicuro non altrettanto si poté fare per il complesso architettonico: in sostanza bisognava riprender tutto daccapo.
nei secc. XVII e XVIII
Architetti contestati
8. Realizzatosi per Ortona il grossissimo evento religioso della restituzione della diocesi e del vescovato (20.10.1570) il novello Pastore Gian Domenico Rebiba, durante il primo quinquennio di attività pastorale, provvide alle più urgenti opere di consolidamento e di rinforzo del tempio. La volta «fu ricoperta d'una miracolosa lamia››, e realizzata così bene che « questa pare che l'aere miracolosamente la sostenga ›› (G.B. De Lectis, o.c., pag.3). Comunque, alla fine degli anni 70, le ferite inferte all'edificio potevano dirsi pressoché rimarginate (almeno le più vistose) se la s. Sede s'indusse a concedere di nuovo l'Indulgenza del Perdono a maggio (Breve di Gregorio Xlll, 13 settembre 1575; si conserva nella Biblioteca Capitolare).
All'alba del nuovo secolo si tornò ai lavori del tempio. Il successore del Rebiba il piacentino Boccabarile affrontò il problema in maniera organica e razionale. Del 1603 è la sistemazione delle Ossa di Leone Acciaiuoli; due anni dopo venne fuso il campanone; nel 1612 si ebbe la ricollocazione delle Ossa di s. Tommaso.
9. Una menzione a parte - e ragguardevole - merita il Vescovo Giovanni Vespoli. Il violento terremoto abbattutosi sul territorio ortonese, pochi mesi dopo l'ingresso in diocesi del pastore (1676) aveva rovinato edifici e chiese; la statica della « torre ›› risultò compromessa e lo stesso tempio dell'Apostolo ne uscì seriamente lesionato. Dal Romanelli, infatti, siamo informati del crollo di «una porzione della cupola già vecchia» (o.c., vol. ll, uag. 364). Sempre al dire del Drisaldi (Periodico cit., Anno I, nn. 9 e 14) “a seguito di lesioni, che minacciavano rovina alla chiesa, si costruirono all'esterno degli enormi speroni a scarpa che completavano le varie stratificazioni della vetusta basilica coprendo superficialmente il male ereditario lasciato dai suoi frettolosi rinnovatori”›.
A disastri così seri non si poteva porre rimedio in un lasso di tempo relativamente breve: occorreva uno studio accurato da parte di un tecnico e - sopratutto - bisognava reperire cospicui mezzi finanziari comunque, «poiché l'affare non ammette dilatione››, le Autorità si mossero seriamente. Il Verbale (8 luglio 1719) del Consiglio dei Decurioni (Libro delle Pubbliche Risoluzioni di Ortona dal 1692 al 1736; pagg. 182 (retro), 183 (e retro), rifacendo la cronistoria delle discussioni e diatribe degli anni precedenti, ci fa sapere che la Municipalità si era subito premurata nel ricercare un architetto.
10. Dall'inizio del secolo il milanese Giovanni Battista Gianni è impegnato ad Atri con la costruzione della chiesa di s. Reparata (Bruno Trubiani, la Basilica Cattedrale di Atri; Roma, 1969 - pag. 229); costui venne interpellato e gli si affidò il «disegno della Restauratione››, con l'impegno, però, che venissero fatte salve tre condizioni irrinunciabili: a) «di non mutare la cappella dell'Apostolo››; b) «di non indurre pregiuditio al campanile››; c) «di non variare la tribuna canonicale nella sua forma gotica ››. Quanto alla terza richiesta il motivo era ovvio: l'abside («la tribuna canonicale››) conservava ancora intatta l'impronta dello stile gotico: circa la cappella di s. Tommaso: restaurarla sì, ma com'era e dov'era; per il campanile: meglio costruirne un altro. In ogni caso salvare quello esistente. Ad ogni buon conto per la tutela dell'incolumità pubblicasi era già provveduto al consolidamento della « torre ››: nel 1688, infatti, il monumento risulta rivestito completamente a mattoni (cfr. G. Bonanni, o.c.; pag. 46, n. 20); così pure, a salvaguardia del tempio, il prospetto era stato «fasciato» con muro protettivo.
Approntati dal Gianni disegni e progetti “a tenore delle prescrittioni impostegli”› i lavori ebbero inizio ponendo mano al restauro dell'edificio vero e proprio.
11. Sennonché, trascorsi alcuni mesi, rilievi e critiche abbastanza pesanti cominciarono a fioccare. Perché mai – si faceva osservare - la cupola veniva collocata all'inizio della navata (all'ingresso del tempio) e non alla congiunzione di questa con l'abside? (il transetto); non era ciò uno scostarsi troppo vistoso dai canoni dell'arte sacra? («la chiesa non venga disposta nella dovuta simitria››).
Evidentemente - si concludeva – Il tecnico avrò previsto (e ora sta attuando) modifiche radicali. Le osservazioni dovettero impressionare un po' tutti: fatto sta che per il momento si soprassedette. Mentre il problema veniva studiato più a fondo il Gianni, prima che venisse silurato, prudentemente ritenne opportuno dimettersi e declinare l'incarico. «Essendo capitato in questa città incidentalmente (7) un tal architetto Carlo Buratti ›› gli fu rivolto l'invito. Riveduti i progetti e vagliati i contrastanti pareri il nuovo tecnico, a un dipresso, così consigliò: qualora la cupola venga... innalzata in fondo alla chiesa dovete localizzare la porta d'ingresso all'altra estremità (nell'area dell'abside: cioè alla cripta): se, invece, quella - cioè la cupola - deve risultare collocata al transetto demolite quanto avete già fatto e alzate poderosi pilastri di sostegno che sorreggono la mole.
Probabilmente anche qui saranno piovute altre critiche, ma... in senso inverso; in effetti si sarebbe dovuto demolire la cripta, rendere inutilizzato il portale duecentesco, trasferire altrove tutto il complesso della sacrestia.
Nel Consiglio del 28 agosto 1712 (Libro cit., pag. 172, retro), infatti, vengono sollevate doverose rimostranze e presentate amare costatazioni in questi termini: “non ha bisogno d'esaggerattioni, quando la Lamia della nave maggiore della chiesa, a bocca aperta dimostra, e ci fa conoscere l'evidente pericolo in cui si trova, e la necessità d'essere riparata, e dall'altra parte la zelante carità delle SS.VV. non deve aspettare impulso per esercitarla in un'opera tanto più [doverosa] quanto urgente, che quello (che Dio non voglia) sarebbe in deformazione e desolatione della medesima chiesa, senza speranza di più riedificarla, perché occorrerebbe una spesa eccedente e senza paragone alle umane debolezze. Che però le SS.VV. colle visceri della loro Pietà prendino tutti quei spedienti possibili per poterci dare un pronto soccorrimento, e principi a tanto bisognevole riparo”.
dal secolo XIX ai giorni nostri
12. A Mons. Vespoli succedette (1717) Giuseppe Falconi che dispiegò altrettanto valido impulso. ll novello Pastore sollecitò certamente le Autorità civili a muoversi adeguatamente. Dal predetto Verbale del Consiglio dell'8 luglio 1719 (n. 9) veniamo informati che i decurioni, scartati suggerimenti e raccomandazioni del Buratti, decisero di tornare al Gianni (n.10); una condizione apposta: la cupola a «tazza» (più bassa, e cioè senza il tamburo). Tutto sommato si veniva a preferire una soluzione più modesta e di minori spese. Durante quel decennio – quasi certamente _ fu «voltata›› la cupola e innalzato il nuovo campanile.
Nemmeno con Mons. Romano (17301735) si hanno notizie di rilievo circa ulteriori lavori che, peraltro, dovevano essere di pressante urgenza.
13. Sta di fatto che sotto il successore Marcantonio Amalfitani l'opinione cittadina è sempre ansiosa e preoccupata (si vede che neanche l'opera del Gianni aveva soddisfatto completamente o, che è più probabile, questi non ebbe né modo né tempo di portare a compimento l'impegno assunto).
Il Verbale del 13 gennaio 1750 (Libro dei Consigli della città di Ortona a mare, 1736-1761; pag. 91) così annota: « si propone in oltre alle SS. W. come in esecuzione d'altra pubblica resoluzione di questo pregiato Consiglio avendone fatte tutte le diligenze più esatte di ottenere in questa veneranda Provincia e fuori di essa nell'altre convicine un buon Architetto ingegniere che fosse più cosciente a riconoscere lo stato della chiesa del detto glorioso Apostolo, ed esaminare ciocche presentemente dovrà farsi, pel proseguimento, fine della gran fabrica in essa fattasi, la quale non può ridursi al bramato fine ed alla dovuta perfezzione per diversità di pareri, che regnano in questo nostra Città, ed intanto sono passati gli anni senza farsene parola, nonché avviarsi all'effettuazione d'essa, restando la detta fabrica tuttavia imperfetta con universale ammirazione e non senza scrupolo di coscienza. ››
Con il Vescovo De Dominicis (1766-1791) si mise finalmente il punto all'esecuzione dei lavori e, inoltre, fu attuato il sontuoso restauro della Cappella (con l'altare Tomba) di s. Tommaso e della cripta.
14. ll 1799 si rivelò altra data tristissima se non per il sacro edificio ma quanto per il sepolcreto dell'Apostolo. Come noto le soldatesche napoleoniche, dopo la fuga da Napoli (il precedente 21 dicembre) di re Ferdinando, si erano impossessate di Ortona otto giorni dopo. Sollevatasi in massa la città ricacciò dapprima gli occupanti ma venne, poi, sopraffatta il 18 febbraio successivo. La ritorsione della truppa couthardina non si fece attendere: negozi, abitazioni, chiese furono messi a soqquadro e saccheggiati; la Tomba di s. Tommaso profanata e il Busto d'argento trafugato; le campane delle chiese si salvò solo il «campanone›› infranto e portate vie come preda di guerra.
Ai primi mesi dell'anno nuovo si procedette alla ricognizione delle Ossa dell'Apostolo, alla fusione di un nuovo Busto e alla ristrutturazione della Tomba.
(Gli Atti pubblici dell'assalto - 19-2-1799 - e della ricognizione delle Ossa di s. Tommaso - 26-4-1800 - sono conservati nella Biblioteca Capitolare).
15. Mentre in Europa vanno maturando eventi di portata storica - crollo definitivo del Bonaparte (1815) e ritorno a Napoli dei Borboni (la Restaurazione) - a Ortona muore il Vescovo Mons. Cresi (1804). Rimasta vacante per 14 anni nel 1818 la Sede è soppressa (Concordato di Terracina tra Pio VII e Ferdinando I; Bolla Pontificia « de utiliori dominicae›› del 27 giugno st. a.).
Con un disappunto così amaro [la diocesi che spariva dopo 13 secoli di vita gloriosa) non ci si poteva, ovviamente, preoccupare delle condizioni materiali del tempio.
Per la Sede Vescovile, comunque, ci si mosse in tutte le direzioni; si richiesero i buoni uffici del monarca presso la Santa Sede finché, 16 anni dopo (1834), la Diocesi fu restituita (anche se sotto la Amministrazione Perpetua dell'Arcivescovo di Lanciano).
16. Il primo Amministratore, il francescano «Mons. De Luca, promosse subito lavori di manutenzione per l'intero edificio (sulle mura perimetrali, lato nord, è visibile una lastra di pietra RETAUR. A. D.1835); incoraggiò artisti del pennello, del legno e dello stucco per il miglior decoro della Cappella di s. Tommaso e dotò il tempio di preziosi paramenti rossi (tuttora conservati). Venne pure eseguito il rialzo del pavimento di tutta la chiesa (e ciò in ottemperanza alla legge - 1833 – con cui Ferdinando vietava la tumulazione dei cadaveri nelle chiese).
Chi ebbe modo di osservare (fino al 1969) la cripta o la cappella di s. Maria Maddalena (prima degli ultimi eventi bellici) ricorderà che per accedervi bisognava scendere una quindicina di gradini, interrotti da un pianerottolo: a questa zona, appunto, era situato il pavimento della chiesa (all'incirca m. 1,50 al disotto del livello attuale) . Va' notato che « lungo la navata di mezzo si osservano in cattedrale le varie tombe gentilizie con gli stemmi delle famiglie nobili di Ortona, e con questo rialzamento di pavimento tutto è rimasto coverto ›› (Fr. P. Recchini: o.c., pag.139).
17. Anche la Cappella del Sacramento venne restaurata e decorata, ma sotto l'Amministratore Ludovico Rizzuti (succeduto al De Luca). Auspice l'Arcidiacono Domenico Pugliesi la Cappella fu trasformata in un vero gioiello d'arte. Con Mons. De Vincentiis (1853) viene anche portato a sistemazione il presbiterio col relativo pavimento a mosaico - come noto Coro, Porta maggiore e minore (doni della Municipalità) e pavimento (realizzato da maestri veneziani) sono andati distrutti nel 1943.
Bisognerà attendere un sessantennio prima che si riprenda a parlare di nuovi lavori in cattedrale.