E se quest'anno praticassimo un digiuno vero?
"Bocca e lingua castigate molte angustie risparmiate"
Carissimi fratelli e sorelle! Come accogliere l'invito alla conversione che Gesù ci rivolge anche in questa Quaresima? Come realizzare un serio cambiamento di vita?
Quest'anno vorrei offrirvi una riflessione concreta sul digiuno, che è l'impegno più difficile da vivere per quello che realmente è: un esercizio che libera volontariamente dai bisogni errati della vita per riscoprire la bellezza della vita che ci propone il Vangelo.
Tempo fa, meditando la lettera di San Giacomo mi sono soffermato su questa frase: "Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare (3,5). E allora mi sono detto: “e se in questa Quaresima il nostro digiuno riguardasse l'uso della lingua? E se questo digiuno ci insegnasse a dire parole portatrici di vita, che arrivano — proprio come faceva Gesù - come un balsamo nel cuore del fratello?”
Miei cari! Spesso in noi convivono due atteggiamenti contrapposti: pur riconoscendo e deprecando gli errori degli altri (specialmente quando la lingua infligge delle ferite), tendiamo ad essere sempre indulgenti verso noi stessi, interpretando sempre bonariamente ogni discorso intrapreso.
La teologia ci insegna che esistono i peccati dì lingua e, riguardo alla diffamazione (l'intaccare la buona fama di qualcuno diffondendo maldicenze su! suo conto), che è peccato grave, si distingue tra:
calunnia: l'inventare e diffondere peccati e vizi attribuendoli ad altri;
detrazione: il diffondere e rendere pubblici peccati e vizi nascosti di altri;
mormorazione: il discorrere di peccati e vizi altrui veri e conosciuti.
La Quaresima potrebbe essere il tempo opportuno per chiederci obiettivamente:
“le mie parole sono portatrici di vita o di morte?”: E: "come risolvere il problema dell'uso sbagliato della lingua?"
Per questo mi permetto di prospettarvi un piccolo cammino.
• - Primo passo: sincerità: riconoscere che il pettegolezzo piace.
• - Secondo passo: analizzare gli atteggiamenti del cuore.
• - Terzo passo: individuare una terapia concreta e risolutiva.
Per essere più concreto vi offro alcuni esempi di atteggiamenti del cuore che portano a parlare male e di terapie per curarli.
Leggerezza: è il parlare solo per parlare. Il libro dei Proverbi dice: "Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è prudente" (10,19). La terapia é quella di un silenzio prolungato. Sembra una sciocchezza, ma i balbuzienti vengono curati facendoli stare muti per settimane e poi facendoli ricominciare a parlare poco a poco. Un proverbio arabo dice: “parla solo quando sei sicuro che ciò che stai per dire è più importante del silenzio”.
Curiosità: è il caso di chi trova grande soddisfazione nel diffondere le brutte notizie. La terapia ce la offre il libro del Siracide: «Hai udito una parola? Muoia con te! Sta' sicuro, non ti farà scoppiare" (19.10).
Invidia: è il desiderare che l'altro non abbia ciò che possiede; la tristezza del bene altrui spinge a parlar male dell'altro per distruggerlo. La terapia consiste nello sforzarsi di non parlare mai di quella persona, per evitare il rischio di parlarne male.
Risentimento o desiderio di vendetta: porta a parlare male degli altri. La terapia è la stessa per l'invidia.
Amarezza interiore: le persone amareggiate sono quelle che non si sentono amate da Dio e dagli altri e quindi non riescono a vedere quello che c'è di bello in loro e negli altri: è come se indossassero degli occhiali scuri per effetto dei quali vedono tutto nero e si comportano in maniera acida. La terapia è quella di allenarsi a coglierei segni dell'amore di Dio nei propri confronti e a scorgere la bellezza che c'è dentro di sé.
Carissimi, forse tutto ciò vi potrà sembrare irrealizzabile: delle belle parole che però non si possono realizzare in una vita normale, in una vita in famiglia e nella nostra società attuale.
Al riguardo San Giovanni Crisostomo sottolinea che rinunciare al proprio «io» è difficile, ma non impossibile quando si può contare sull'aiuto dì Dio a noi concesso «mediante la comunione con la persona di Cristo» (PG 58,619 s).
Questo vuol dire che se noi ci sforziamo di vivere questo digiuno sperimenteremo che Gesù Cristo ci darà la Grazia per migliorare noi stessi e la qualità dei nostri discorsi. Non assecondiamo il Tentatore con l'affermazione erronea che alcuni peccati sono impossibili da eliminare!
Vi auguro di vivere questa Quaresima con la gioiosa carità di chi vuole migliorare la qualità della propria vita e con l'umile fiducia di chi confida in Dio per divenire una fontana vivace portatrice di parole piene di senso e di amore.
Che Maria Santissima, Vergine del silenzio e Madre della Parola di vita, ci aiuti a vivere questa Quaresima come un tempo di vera conversione.
Don Pino.
Tempo fa, meditando la lettera di San Giacomo mi sono soffermato su questa frase: "Così anche la lingua: è un piccolo membro e può vantarsi di grandi cose. Vedete un piccolo fuoco quale grande foresta può incendiare (3,5). E allora mi sono detto: “e se in questa Quaresima il nostro digiuno riguardasse l'uso della lingua? E se questo digiuno ci insegnasse a dire parole portatrici di vita, che arrivano — proprio come faceva Gesù - come un balsamo nel cuore del fratello?”
Miei cari! Spesso in noi convivono due atteggiamenti contrapposti: pur riconoscendo e deprecando gli errori degli altri (specialmente quando la lingua infligge delle ferite), tendiamo ad essere sempre indulgenti verso noi stessi, interpretando sempre bonariamente ogni discorso intrapreso.
La teologia ci insegna che esistono i peccati dì lingua e, riguardo alla diffamazione (l'intaccare la buona fama di qualcuno diffondendo maldicenze su! suo conto), che è peccato grave, si distingue tra:
calunnia: l'inventare e diffondere peccati e vizi attribuendoli ad altri;
detrazione: il diffondere e rendere pubblici peccati e vizi nascosti di altri;
mormorazione: il discorrere di peccati e vizi altrui veri e conosciuti.
La Quaresima potrebbe essere il tempo opportuno per chiederci obiettivamente:
“le mie parole sono portatrici di vita o di morte?”: E: "come risolvere il problema dell'uso sbagliato della lingua?"
Per questo mi permetto di prospettarvi un piccolo cammino.
• - Primo passo: sincerità: riconoscere che il pettegolezzo piace.
• - Secondo passo: analizzare gli atteggiamenti del cuore.
• - Terzo passo: individuare una terapia concreta e risolutiva.
Per essere più concreto vi offro alcuni esempi di atteggiamenti del cuore che portano a parlare male e di terapie per curarli.
Leggerezza: è il parlare solo per parlare. Il libro dei Proverbi dice: "Nel molto parlare non manca la colpa, chi frena le labbra è prudente" (10,19). La terapia é quella di un silenzio prolungato. Sembra una sciocchezza, ma i balbuzienti vengono curati facendoli stare muti per settimane e poi facendoli ricominciare a parlare poco a poco. Un proverbio arabo dice: “parla solo quando sei sicuro che ciò che stai per dire è più importante del silenzio”.
Curiosità: è il caso di chi trova grande soddisfazione nel diffondere le brutte notizie. La terapia ce la offre il libro del Siracide: «Hai udito una parola? Muoia con te! Sta' sicuro, non ti farà scoppiare" (19.10).
Invidia: è il desiderare che l'altro non abbia ciò che possiede; la tristezza del bene altrui spinge a parlar male dell'altro per distruggerlo. La terapia consiste nello sforzarsi di non parlare mai di quella persona, per evitare il rischio di parlarne male.
Risentimento o desiderio di vendetta: porta a parlare male degli altri. La terapia è la stessa per l'invidia.
Amarezza interiore: le persone amareggiate sono quelle che non si sentono amate da Dio e dagli altri e quindi non riescono a vedere quello che c'è di bello in loro e negli altri: è come se indossassero degli occhiali scuri per effetto dei quali vedono tutto nero e si comportano in maniera acida. La terapia è quella di allenarsi a coglierei segni dell'amore di Dio nei propri confronti e a scorgere la bellezza che c'è dentro di sé.
Carissimi, forse tutto ciò vi potrà sembrare irrealizzabile: delle belle parole che però non si possono realizzare in una vita normale, in una vita in famiglia e nella nostra società attuale.
Al riguardo San Giovanni Crisostomo sottolinea che rinunciare al proprio «io» è difficile, ma non impossibile quando si può contare sull'aiuto dì Dio a noi concesso «mediante la comunione con la persona di Cristo» (PG 58,619 s).
Questo vuol dire che se noi ci sforziamo di vivere questo digiuno sperimenteremo che Gesù Cristo ci darà la Grazia per migliorare noi stessi e la qualità dei nostri discorsi. Non assecondiamo il Tentatore con l'affermazione erronea che alcuni peccati sono impossibili da eliminare!
Vi auguro di vivere questa Quaresima con la gioiosa carità di chi vuole migliorare la qualità della propria vita e con l'umile fiducia di chi confida in Dio per divenire una fontana vivace portatrice di parole piene di senso e di amore.
Che Maria Santissima, Vergine del silenzio e Madre della Parola di vita, ci aiuti a vivere questa Quaresima come un tempo di vera conversione.
Don Pino.