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SPIEGAZIONE DELLO STEMMA DEL PAPA
Lo stemma papale, conserva tutti gli elementi presenti nello stemma episcopale.
Lo scudo blu è sormontato dai simboli della dignità pontificia, uguali a quelli voluti dal predecessore Benedetto XVI (mitra collocata tra chiavi decussate d’oro e d’argento, rilegate da un cordone rosso). Confermato dunque l’abbandono del simbolo della tiara papale o triregno, che veniva posta sul capo del nuovo Papa.
In alto allo scudo del nuovo stemma papale, campeggia l’emblema dell’ordine di provenienza del Papa, la Compagnia di Gesù: un sole raggiante e fiammeggiante caricato dalle lettere, in rosso, IHS, monogramma di Cristo. La lettera H è sormontata da una croce; in punta, i tre chiodi in nero.
Nella parte bassa dello scudo, si trovano due immagini: la stella e il fiore di nardo. La stella, secondo l’antica tradizione araldica, simboleggia la Vergine Maria, madre di Cristo e della Chiesa; mentre il fiore di nardo indica san Giuseppe, patrono della Chiesa universale. Nella tradizione iconografica ispanica, infatti, san Giuseppe è raffigurato con un ramo di nardo in mano. Ponendo nel suo scudo tali immagini, il Papa ha inteso esprimere la propria particolare devozione verso la Vergine e san Giuseppe.
Il motto. "Miserando atque eligendo": nel motto fatto inserire da papa Francesco nel suo stemma pontificio, ripreso da quello scelto fin dalla sua consacrazione episcopale, si ritrova in sole tre parole tutta la storia della 'chiamata' di Jorge Mario Bergoglio alla vita religiosa. Letteralmente tradotto dalla lingua latina, significa "con sentimento d'amore e lo scelse" ed è tratto da una frase contenuta in un'omelia del Venerabile Beda, monaco benedettino inglese vissuto tra il 672 e il 735, considerato il padre degli storici anglosassoni per aver scritto la 'Historia ecclesiastica gentis Anglorum', la Storia ecclesiastica del popolo inglese. Scrive san Beda il Venerabile, parlando della vocazione di San Matteo: "Vidit ergo lesus publicanum et quia miserando atque eligendo vidit, ait illi 'Sequere me'". Ovvero: "(Gesù) vide un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse 'Seguimi'". Fu proprio durante la festa dedicata a san Matteo del 1953 che il giovano Jorge futuro Papa, all'età di 17 anni, dopo essersi confessato si sentì toccare il cuore e si convinse di essere stato chiamato alla vita religiosa. Quando fu eletto vescovo, monsignor Bergoglio volle ricordare questo evento che segnò la sua consacrazione a Dio e alla Chiesa, decidendo di inserire quella frase come motto e programma di vita. Motto che ora ha voluto da Papa che fosse riproposto nel suo stemma pontificio
SPIEGAZIONE DELLO STEMMA DELLA CATTEDRALE
Lo scudo accollato alle due chiavi decussate, d’oro e d’argento con le impugnature verso il basso e gli ingegni in alto è sormontato dall’ombrello basilicale, gheronato di oro e di rosso.
Tutto questo indica che la Chiesa è una Basilica Minore Pontificia.
Poi lo scudo è troncato da una fascia di onda d’argento che in araldica indica il mare (in questo caso di Ortona).
Nel primo settore in alto su campo azzurro si staglia una torre murata di nero, aperta e finestrata, simbolo della città di Ortona.
Nel secondo settore campeggiano i colori di Ortona.
Su campo azzurro viene riprodotta la cosiddetta Croce di s. Tommaso.
La croce risalente al settimo o ottavo secolo, sgorga da un fiore di loto che si trova alla sua base.
I quattro lati della croce sono floreali in forma, simboleggia la fruizione e la vita. Il fior di loto significa il simbolo del buddismo e dell’India, di cui è il fiore nazionale. La Croce è messa sul loto a indicare che il cristianesimo nasce nella realtà e tradizioni locali. A sua volta il loto è poggiato su tre gradini che rappresentano il Golgota dove è morto Gesù.
In alto con le ali aperte una colomba che rappresenta lo Spirito Santo.
La rappresentazione di questo simbolo non indica morte ma vita.
Su campo rosso viene riprodotto il simbolo della Cattedrale di s. Tommaso.
Una lancia in palo, raffigurante lo strumento con cui s. Tommaso ha subito il martirio accollata dalla squadra con il lato maggiore, simbolo degli architetti e la palma in decusse simbolo del martirio.
Il motto. “Dominus meus et Deus meus (Signore mio e Dio mio)” son le parole pronunciate da Tommaso quando Gesù appare la seconda volta agli Apostoli nel cenacolo ed è invitato da Gesù a toccare le sue piaghe.
Tommaso è noto per il suo scetticismo della Risurrezione di Gesù Cristo. Era un discepolo, stretto seguace e amico di Gesù.
La Bibbia si riferisce ( Giovanni 20: 24-29), che dopo che Gesù fu crocifisso e deposto nel sepolcro, è risorto ed è apparso agli Apostoli, non come un fantasma, ma in realtà in carne e ossa. Questa è stata una vera resurrezione, ma Tommaso dubitava se era davvero Gesù. Egli ha detto:
"Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, io non crederò."
Gesù apparve più tardi e disse a Tommaso:
"Porgi qua il dito, e vedi le mie mani, e porgi la mano e mettila nel mio costato; e non essere incredulo, ma credente".
Prova sufficiente per Tommaso, che ha risposto umilmente:
"Mio Signore e mio Dio".
Questo episodio deve essere stato sufficiente per rinvigorire Tommaso a passare il resto dei suoi giorni alla diffusione del Vangelo e portare all'estero le parole di commiato di Gesù:
"Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto."
SPIEGAZIONE DELLO STEMMA DELL’ARCIVESCOVO
Lo stemma è diviso in due parti:
La parte inferiore rappresenta la Diocesi di Lanciano—Ortona che è stata affidata vescovo: il mare ad Ortona; il ponte e le tre stelle rimandano a Lanciano attraverso l'immagine della Madonna del Ponte (le tre stelle, nell'iconografia, sono il simbolo della verginità di Maria Santissima prima, durante e dopo il parto).
L'acqua del mare è espressione della vita nuova dei figli di Dio, donata ad ognuno nel battesimo, sacramento originario di ogni vocazione, nella comune chiamata alla santità.
Il ponte, rappresentato con tre arcate, esprime la capacità e la possibilità di intesse re relazioni vissute nello stile della Trinità.
La parte superiore esplicita, attraverso le immagini, quanto è indicato dal motto Lo sfondo è rosso ad indicare lo Spirito Santo, che è Spirito d'amore, e l'amore è Cristo che, per la sua Chiesa, dona la vita (cfr. Ef 5,25).
Ci sono due lampade che sono di terracotta perché il Signore dà i suoi doni in vasi di creta (cfr. 2Cor 4,7).
Ognuna delle due lampade ha una fiamma propria: l'una rappresenta l'ordine e più in generale, la vita consacrata; l'altra rappresenta il matrimonio e, più in generale, i laici.
Le due vocazioni, con carismi e ministeri specifici, hanno origine dalla stessa acqua del battesimo.
Esse si illuminano vicendevolmente nella comprensione e nella realizzazione del mistero grande e, alla fine, diventano una fiamma sola perché insieme fanno Chiesa e costruiscono il Regno di Dio (cfr. Evangelizzazione e Sacramento del Matrimonio 3~ Catechismo della Chiesa Cattolica 1534-1535; Catechismo degli Adulti 618).
Le due fiamme trovano il loro senso e il loro fine in Gesù Eucaristia, fonte e culmini della vita di ogni credente (cfr. Sacrosanctum Concilium 10).
Il motto. "Mysterium hoc magnum"= "Questo mistero è grande" (Ef 5,32): questo è il motto sottostante lo stemma. Esso vuole indicare lo stile che il vescovo desidera avere nella sua missione pastorale sull'esempio di Gesù guida e sposo della Chiesa (cfr. Pastores dabo vobis 22).