Prima lettura -·Gn 3.1-5.10:
I Niniviti si convertirono dalla loro condotta malvagia.
Il libro di Giona ci ricorda che il male non è mai una condanna definitiva. Dio, attraverso il profeta, invita al pentimento e concede il perdono.
Dal Salmo - 24: Fammi conoscere, Signore, le tue vie.
La fedeltà del Signore è eterna. In piena fiducia e speranza preghiamo con le parole del Salmo.
Seconda lettura - 11Cor 7,29-31:
Passa la figura di questo mondo.
San Paolo ci invita a vivere nella prospettiva di Dio, per riconoscere la dimensione vera e profonda della nostra vita.
Canto al Vangelo - Gv 1,29:
Alleluia, alleluia. Il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo. Alleluia.
Vangelo - Mc 1,14-20:
Convertitevi e credete nel Vangelo.
Vangelo - Mc 1,14-20:
Convertitevi e credete nel Vangelo.
Il Vangelo ci presenta la prima predicazione del Signore: l'urgenza della conversione nasce dalla vicinanza del Regno di Dio, presente nella persona stessa di Gesù.
LITURGIA DEL GIORNO - ASCOLTO DEL VANGELO
(www.lachiesa.it)
Approfondimenti
25 GENNAIO
CONVERSIONE DI SAN PAOLO
Conclusione della Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani
LITURGIA DEL GIORNO - ASCOLTO DEL VANGELO
(www.lachiesa.it)
Approfondimenti
25 GENNAIO
CONVERSIONE DI SAN PAOLO
Conclusione della Settimana di Preghiera
per l’Unità dei Cristiani
La conversione di Paolo che siamo chiamati a celebrare e a vivere, esprime la potenza della grazia che sovrabbonda dove abbonda il peccato. La svolta decisiva della sua vita si compie sulla via di Damasco, dive egli scopre il mistero della passione di Cristo che si rinnova nelle sue membra. Egli stesso perseguitato per Cristo dirà: ‘Completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa’.
Questa celebrazione, già presente in Italia nel sec. VIII, entrò nel calendario Romano sul finire del sec. X. Conclude in modo significativo la settimana dell’unità dei cristiani, ricordando che non c’è vero ecumenismo senza conversione.
La festa liturgica della "conversiti sancti Pauli", che appare già nel VI secolo, è propria della Chiesa latina. Poiché il martirio dell'apostolo delle Genti viene commemorato a giugno, la celebrazione odierna offre l'opportunità di considerare da vicino la poliedrica figura dell'Apostolo per eccellenza, che scrisse di se stesso: "Io ho lavorato più di tutti gli altri apostoli", ma anche: "io sono il minimo fra gli apostoli, un aborto, indegno anche d'essere chiamato apostolo".
Adduce egli stesso le credenziali che gli garantiscono il buon diritto di essere considerato apostolo: egli ha visto il Signore, Cristo Risorto, ed è, perciò, testimone della risurrezione; egli pure è stato inviato direttamente da Cristo, come i Dodici: visione, vocazione, missione, tre requisiti che egli possiede, per i quali quel miracolo della grazia avvenuto sulla via di Damasco, dove Cristo lo costringe a una incondizionata capitolazione, sicché egli grida: "Signore, che vuoi che io faccia?". Nelle parole di Cristo è rivelato il segreto della sua anima: "Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". E’ vero che Saulo cercava "in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare", ma egli lo faceva in buona fede e quando si agisce per amore di Dio, il malinteso non può durare a lungo. Affiora l'inquietudine, cioè "il pungolo" della grazia, il guizzo della luce di verità: "Chi sei tu, Signore?"; "Io sono Gesù che tu perseguiti".
Questa mistica irruzione di Cristo nella vita di Paolo è il crisma del suo apostolato e la scintilla che gli svelerà la mirabile verità della inscindibile unità di Cristo con i credenti.
Questa esperienza di Cristo alle porte di Damasco, che egli paragona con l'esperienza pasquale dei Dodici e con il fulgore della prima luce della creazione, sarà il "leit motiv" della sua predicazione orale e scritta. Le quattordici lettere che ci sono pervenute, ognuna delle quali mette a nudo la sua anima con rapide accensioni, ci fanno intravedere l’irruzione della grazia, una grazia particolare che ha illuminato e trasformato tutta la sua vita, una grazia che ha quindi annunciato a tutte le genti: la grazia di Gesù, Figlio di Dio, vincitore del peccato e della morte, nostra speranza, nostra pace, nostra gioia per sempre.
La festa liturgica della "conversiti sancti Pauli", che appare già nel VI secolo, è propria della Chiesa latina. Poiché il martirio dell'apostolo delle Genti viene commemorato a giugno, la celebrazione odierna offre l'opportunità di considerare da vicino la poliedrica figura dell'Apostolo per eccellenza, che scrisse di se stesso: "Io ho lavorato più di tutti gli altri apostoli", ma anche: "io sono il minimo fra gli apostoli, un aborto, indegno anche d'essere chiamato apostolo".
Adduce egli stesso le credenziali che gli garantiscono il buon diritto di essere considerato apostolo: egli ha visto il Signore, Cristo Risorto, ed è, perciò, testimone della risurrezione; egli pure è stato inviato direttamente da Cristo, come i Dodici: visione, vocazione, missione, tre requisiti che egli possiede, per i quali quel miracolo della grazia avvenuto sulla via di Damasco, dove Cristo lo costringe a una incondizionata capitolazione, sicché egli grida: "Signore, che vuoi che io faccia?". Nelle parole di Cristo è rivelato il segreto della sua anima: "Ti è duro ricalcitrare contro il pungolo". E’ vero che Saulo cercava "in tutte le sinagoghe di costringere i cristiani con minacce a bestemmiare", ma egli lo faceva in buona fede e quando si agisce per amore di Dio, il malinteso non può durare a lungo. Affiora l'inquietudine, cioè "il pungolo" della grazia, il guizzo della luce di verità: "Chi sei tu, Signore?"; "Io sono Gesù che tu perseguiti".
Questa mistica irruzione di Cristo nella vita di Paolo è il crisma del suo apostolato e la scintilla che gli svelerà la mirabile verità della inscindibile unità di Cristo con i credenti.
Questa esperienza di Cristo alle porte di Damasco, che egli paragona con l'esperienza pasquale dei Dodici e con il fulgore della prima luce della creazione, sarà il "leit motiv" della sua predicazione orale e scritta. Le quattordici lettere che ci sono pervenute, ognuna delle quali mette a nudo la sua anima con rapide accensioni, ci fanno intravedere l’irruzione della grazia, una grazia particolare che ha illuminato e trasformato tutta la sua vita, una grazia che ha quindi annunciato a tutte le genti: la grazia di Gesù, Figlio di Dio, vincitore del peccato e della morte, nostra speranza, nostra pace, nostra gioia per sempre.
Che cosa significa la conversione di Paolo per noi? Questa conversione non è stata il frutto dell’impegno personale di Paolo, ma della grazia del Signore risorto. Tale grazia, più forte di tutte le potenze in cielo e in terra, ha trasformato il cuore del persecutore e ha dato alla sua vita una nuova base, un nuovo orientamento, una nuova sicurezza. Anche noi, carissimi, abbiamo ricevuto la grazia del Signore risorto. Anche noi nel battesimo siamo stati illuminati dalla luce della fede. Anche noi crediamo che nessuna cosa può separarci dall’amore di Cristo. Possiamo pertanto fidarci completamente della grazia del Risorto. In un mondo che non crede più nella grazia divina, ma solo nella capacità umana, tale fiducia è di grande importanza. Non sperimentiamo spesso la propria debolezza? L’impotenza nei confronti del male attorno ai noi e talvolta anche in noi? Il dubbio su come affrontare certe difficoltà? La tentazione di pensare che non riusciamo più ad andare avanti? In simili situazioni dobbiamo fare tutto il possibile, ma aprirci soprattutto alla luce della grazia che ha cambiato Paolo e che opera anche in noi.
San Paolo è anzitutto il testimone della grazia del Risorto e ci invita a vivere in una profonda amicizia con Cristo. “Il cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova morale. Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo. Certamente egli non si mostra a noi in questo modo irresistibile, luminoso, come ha fatto con Paolo per farne l’apostolo di tutte le genti. Ma anche noi possiamo incontrare Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che egli tocca il nostro. Solo in questa relazione personale Cristo, solo in questo incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani”
(Benedetto XVI).
San Paolo è anzitutto il testimone della grazia del Risorto e ci invita a vivere in una profonda amicizia con Cristo. “Il cristianesimo non è una nuova filosofia o una nuova morale. Cristiani siamo soltanto se incontriamo Cristo. Certamente egli non si mostra a noi in questo modo irresistibile, luminoso, come ha fatto con Paolo per farne l’apostolo di tutte le genti. Ma anche noi possiamo incontrare Cristo, nella lettura della Sacra Scrittura, nella preghiera, nella vita liturgica della Chiesa. Possiamo toccare il cuore di Cristo e sentire che egli tocca il nostro. Solo in questa relazione personale Cristo, solo in questo incontro con il Risorto diventiamo realmente cristiani”
(Benedetto XVI).