Prima lettura -·1Re 17,10-16:
La vedova fece con la sua farina una piccola focaccia e la portò a Elia.
Una vedova, priva di risorse in una grave carestia, ha fiducia nella parola del profeta e viene pienamente ricompensata.
Dal Salmo -·145 (146) :
Rit.: Loda il Signore, anima mia.
Cantiamo al Signore, che protegge i poveri e coloro che si affidano a lui.
Seconda lettura -·Eb 9,24-28:
Cristo si è offerto una volta per tutte.
Il sacrificio di Cristo non ha bisogno di essere ripetuto, perché è perfetto: egli non ha donato cose che aveva, ma ha fatto dono della sua stessa vita..
Canto al Vangelo -·(Mt 5,3):
Alleluia, alleluia. “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”.· Alleluia.
Vangelo -·Mc 12,38-44:
Questa vedova, nella sua povertà, ha dato tutto quello che aveva.
La vera religione non guarda alle apparenze, ma alla capacità delle persone di donare non il superfluo, ma tutto ciò che serve per vivere.
LITURGIA DEL GIORNO - ASCOLTO DEL VANGELO
(www.lachiesa.it)
ASCOLTO DEL VANGELO (Youtube)
(www.laporzione.it)
Approfondimenti
ANNO DELLA FEDE
L’Anno della Fede è stato indetto dal Santo Padre per ricordare ai cristiani il senso della vita: volgere il proprio sguardo al Dio Trinità: Padre, Figlio e Spirito Santo, che ci ha donato la vita nuova.
Oggi il mondo vive in una grande crisi d’identità e noi battezzati non ne siamo esclusi.
Volgere lo sguardo verso Dio vuol dire ritrovare il cammino smarrito della Fede.
Il Papa ci parla di re-imparare la Fede.
Sì, lo scopo di quest’anno di grazia è proprio quello di accostarci con un nuovo slancio a quelli che sono i Misteri del nostro essere credenti e appartenenti alla Chiesa Cattolica. Molti non credono più, altri hanno affievolito la loro fede; ciò dipende dal fatto che ci siamo tutti allontanati dalla Verità, dalla Via e dalla Vita: che è Gesù.
Nell’Anno della fede la nostra comunità dovrà concentrarsi sull’essenziale: il rapporto con Gesù che consente l’accesso alla Comunione trinitaria e rende partecipi della Vita divina. Come ogni profonda relazione amorosa il dono della fede chiede i linguaggi della gratitudine piuttosto che quelli del puro dovere, decisione di dedicare tempo alla conoscenza e alla contemplazione più che proliferazione di iniziative, silenzio più che moltiplicazione di parole, l’irresistibile comunicazione di un’esperienza di pienezza che contagia la società più che l’affannosa ricerca del consenso. In una parola: testimonianza.
“La ricorrenza dei cinquant’anni dall’apertura del Concilio Vaticano II è un’occasione importante per ritornare a Dio, per approfondire e vivere con maggiore coraggio la propria fede, per rafforzare l’appartenenza alla Chiesa, «maestra di umanità», che, attraverso l’annuncio della Parola, la celebrazione dei Sacramenti e le opere della carità ci guida ad incontrare e conoscere Cristo, vero Dio e vero uomo. Si tratta dell’incontro non con un’idea o con un progetto di vita, ma con una Persona viva che trasforma in profondità noi stessi, rivelandoci la nostra vera identità di figli di Dio. L’incontro con Cristo rinnova i nostri rapporti umani, orientandoli, di giorno in giorno, a maggiore solidarietà e fraternità, nella logica dell’amore. Avere fede nel Signore non è un fatto che interessa solamente la nostra intelligenza, l’area del sapere intellettuale, ma è un cambiamento che coinvolge la vita, tutto noi stessi: sentimento, cuore, intelligenza, volontà, corporeità, emozioni, relazioni umane. Con la fede cambia veramente tutto in noi e per noi, e si rivela con chiarezza il nostro destino futuro, la verità della nostra vocazione dentro la storia, il senso della vita, il gusto di essere pellegrini verso la Patria celeste.
Ma - ci chiediamo - la fede è veramente la forza trasformante nella nostra vita, nella mia vita? Oppure è solo uno degli elementi che fanno parte dell’esistenza, senza essere quello determinante che la coinvolge totalmente? Con le catechesi di quest’Anno della fede vorremmo fare un cammino per rafforzare o ritrovare la gioia della fede, comprendendo che essa non è qualcosa di estraneo, di staccato dalla vita concreta, ma ne è l’anima. La fede in un Dio che è amore, e che si è fatto vicino all’uomo incarnandosi e donando se stesso sulla croce per salvarci e riaprirci le porte del Cielo, indica in modo luminoso che solo nell’amore consiste la pienezza dell’uomo.
Oggi è necessario ribadirlo con chiarezza, mentre le trasformazioni culturali in atto mostrano spesso tante forme di barbarie, che passano sotto il segno di «conquiste di civiltà»: la fede afferma che non c’è vera umanità se non nei luoghi, nei gesti, nei tempi e nelle forme in cui l’uomo è animato dall’amore che viene da Dio, si esprime come dono, si manifesta in relazioni ricche di amore, di compassione, di attenzione e di servizio disinteressato verso l’altro. Dove c’è dominio, possesso, sfruttamento, mercificazione dell’altro per il proprio egoismo, dove c’è l’arroganza dell’io chiuso in se stesso, l’uomo viene impoverito, degradato, sfigurato. La fede cristiana, operosa nella carità e forte nella speranza, non limita, ma umanizza la vita, anzi la rende pienamente umana.
La fede è accogliere questo messaggio trasformante nella nostra vita, è accogliere la rivelazione di Dio, che ci fa conoscere chi Egli è, come agisce, quali sono i suoi progetti per noi. Certo, il mistero di Dio resta sempre oltre i nostri concetti e la nostra ragione, i nostri riti e le nostre preghiere. Tuttavia, con la rivelazione è Dio stesso che si autocomunica, si racconta, si rende accessibile. E noi siamo resi capaci di ascoltare la sua Parola e di ricevere la sua verità. Ecco allora la meraviglia della fede: Dio, nel suo amore, crea in noi – attraverso l’opera dello Spirito Santo – le condizioni adeguate perché possiamo riconoscere la sua Parola. Dio stesso, nella sua volontà di manifestarsi, di entrare in contatto con noi, di farsi presente nella nostra storia, ci rende capaci di ascoltarlo e di accoglierlo. San Paolo lo esprime con gioia e riconoscenza così: «Ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione, l’avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete» (1 Ts 2,13).
Dio si è rivelato con parole e opere in tutta una lunga storia di amicizia con l’uomo, che culmina nell’Incarnazione del Figlio di Dio e nel suo Mistero di Morte e Risurrezione. Dio non solo si è rivelato nella storia di un popolo, non solo ha parlato per mezzo dei Profeti, ma ha varcato il suo Cielo per entrare nella terra degli uomini come uomo, perché potessimo incontrarlo e ascoltarlo. E da Gerusalemme l’annuncio del Vangelo della salvezza si è diffuso fino ai confini della terra. La Chiesa, nata dal costato di Cristo, è divenuta portatrice di una nuova solida speranza: Gesù di Nazaret, crocifisso e risorto, salvatore del mondo, che siede alla destra del Padre ed è il giudice dei vivi e dei morti. Questo è il kerigma, l’annuncio centrale e dirompente della fede. Ma sin dagli inizi si pose il problema della «regola della fede», ossia della fedeltà dei credenti alla verità del Vangelo, nella quale restare saldi, alla verità salvifica su Dio e sull’uomo da custodire e trasmettere. San Paolo scrive: «Ricevete la salvezza, se mantenete [il vangelo] in quella forma in cui ve l’ho annunciato. Altrimenti avreste creduto invano» (1 Cor 15,2)”.
(da una catechesi di Papa Benedetto XVI)