Scarica il PDF - V Lettera pastorale 2013-2014
Carissimi,
«Stringendovi a Cristo, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo […] Voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce» (1Pt 2,4-6.9).
Essere Chiesa è essere comunità sacerdotale, regale e profetica in comunione con Gesù Cristo, crocifisso e risorto, per glorificare insieme con lui Dio Padre e cooperare con lui alla salvezza del mondo, animati dalla grazia dello Spirito Santo.
In quest’anno della Fede si è svolto il cammino di discernimento e di proposta attraverso la consultazione dei consigli pastorali parrocchiali, dei consigli pastorali di vicariato, del Consiglio pastorale diocesano e dell'Assemblea diocesana.
La mia lettera, dopo quella programmatica dell’anno scorso, vuole essere soprattutto un aiuto a ravvivare la consapevolezza e la gioia dell'essere Chiesa e dell'essere Parrocchia. Vorrei rafforzare il senso di appartenenza a quella speciale comunità ecclesiale che è la parrocchia.
Il nostro amore e il nostro impegno per la Chiesa corpo di Cristo comincia dalla parrocchia, che è la comunità ecclesiale più vicina alla gente, dove la comunione in Cristo «trova la sua espressione più immediata e visibile» (Giovanni Paolo II, Christifideles Laici 26). Corpo di Cristo non è solo la Chiesa universale, ma anche ogni singola comunità ecclesiale, come quella di Corinto, alla quale l'apostolo Paolo scrive: «Voi siete corpo di Cristo» (1Cor 12,27). Anzi una piccola comunità a dimensione umana permette di vivere l'amore reciproco in modo più intenso e concreto e quindi di dare maggiore visibilità alla presenza di Cristo.
La Parrocchia: comunità segno della presenza di Cristo
La parrocchia è una figura di Chiesa emersa gradualmente allo scopo di portare il cristianesimo nella vita ordinaria della gente comune, dove si trovano insieme e interagiscono tra loro famiglie, uomini e donne, giovani e adulti, sani e malati, dotti e ignoranti, ricchi e poveri, santi e peccatori, praticanti e non praticanti. Essa consente, pur con tanti limiti, di comunicare la fede da persona a persona e di dare un'impronta evangelica alle relazioni interpersonali e all'ambiente culturale e sociale. Non si tratta di un decentramento burocratico della diocesi, ma di una vera comunità ecclesiale, con una dimensione sociologica e una dimensione spirituale; di una comunità segno della presenza di Cristo, che mediante il suo stesso inserimento nel territorio addita la trascendenza, un po' come fa il suo campanile puntato verso il cielo.
Per edificare la parrocchia come comunità-segno, stiamo cercando in primo luogo di non moltiplicare le attività, ma di curare la spiritualità, la mentalità, gli atteggiamenti, le relazioni fraterne. Fare bene le cose ordinarie, arricchendole di nuovi significati, cercando di educare una coscienza ecclesiale e un forte senso di appartenenza. Ci stiamo sforzando di costruire momenti di incontro e di ascolto reciproco, di dialogo e di collaborazione, individuando comuni interessi. Il parroco si muove nella coralità delle diverse presenze ed esercita la sua autorità di pastore a servizio dei fedeli, perché tutti si sentano responsabili della vita e della missione della Chiesa. Tutti sappiano di essere in unione a Cristo sacerdote per lodare e ringraziare il Padre, tutti salvati e tutti cooperatori alla salvezza degli altri, tutti evangelizzati e tutti evangelizzatori.
Ministeri ecclesiali specifici
Oltre questa ministerialità diffusa e a sostegno di essa, stiamo promuovendo anche alcuni ministeri ecclesiali specifici (ad esempio, catechisti, ministri dell'Eucaristia, gruppo liturgico, Caritas, gruppo missionario, operatori della pastorale familiare, visitatori delle famiglie, operatori culturali), curando la loro formazione spirituale e pastorale. Si incoraggino, con la propria partecipazione, i vari gruppi di studio e di ascolto orante della Parola di Dio con la condivisione delle esperienze (Oratorio del Crocifisso, Chiesa della Madonna del Carmine, ecc.) ricordando che Giovanni Paolo II stesso, ha auspicato lo svilupparsi di «comunità e gruppi ecclesiali di dimensioni tali da permettere vere relazioni umane» nella prospettiva della parrocchia intesa come «comunità di comunità» (Ecclesia in America 41). Stiamo coinvolgendo il più possibile le famiglie nell'itinerario di iniziazione cristiana dei figli.
La necessità di fare esperienza concreta della Chiesa come corpo di Cristo è anche, secondo un autorevole documento del III secolo, il motivo fondamentale per partecipare alla celebrazione festiva: «Siete membra di Cristo, perciò non disperdetevi con la vostra assenza dall'assemblea liturgica. Avete Cristo, il vostro Capo, presente per fare comunione con voi: perciò non siate trascurati, non private il Salvatore delle sue membra, non lacerate e non dividete il suo corpo. Non anteponete alla sua convocazione i bisogni della vostra vita temporale; ma, in giorno di domenica, mettete da parte ogni cosa e affrettatevi alla Chiesa» (Didascalia degli Apostoli 13). Appello quanto mai attuale oggi!
Partecipare fedelmente all'Eucaristia domenicale, anche con sacrificio. «Chi ha poco da fare» - diceva San Francesco di Sales - «deve comunicarsi assiduamente perché ne ha la comodità; chi ha molto da fare, deve anche lui comunicarsi assiduamente perché ne ha la necessità».
Partecipare ben disposti: a riguardo raccomando la frequentazione assidua del sacramento della riconciliazione, ridimensionando, se necessario, il tempo dato ad altre attività.
Partecipare in modo attivo e consapevole: nessuno deve assistere come uno spettatore; tutti devono sentirsi soggetti impegnati nella celebrazione; i gesti comuni (stare in piedi, seduti, in ginocchio, ascoltare, rispondere, cantare, fare silenzio ecc.) siano veramente tali.
Partecipare con il cuore vibrante di amore, di gioia, di lode e di gratitudine, aperto alla intercessione, in unità con Cristo, per le necessità spirituali e materiali di tutta la famiglia umana (cf. 1Tm 2,1-6).
Il “problema fondamentale” di quasi ogni comunità parrocchiale e perciò anche della nostra, è sempre lo stesso.
C'è un gruppo di persone “vicine”, quelli che nei modi più vari vivono l'appartenenza alla Chiesa: i catechisti, il coro parrocchiale, i ministranti, i giovani, l'Azione Cattolica, il Gruppo Famiglia, gli Amici della Cattedrale, la Caritas, il Gruppo di preghiera di P. Pio, gruppi che costellano il panorama della Chiesa post-conciliare. Costoro si sono sentiti in qualche modo toccati da Cristo e ne hanno fatto esperienza; talvolta un'importante, fondamentale esperienza.
Ma quanti sono questi “vicini”? Nei casi più fortunati, alcune centinaia; spesso meno, su una popolazione, in genere, di duemila abitanti circa come nella nostra parrocchia.
Gli altri (migliaia di persone, quindi; il 90% degli abitanti della parrocchia) sono chiamati in genere i “lontani”. Il problema è che essi non sono veramente lontani, altrimenti non conoscerebbero Cristo e non sarebbero neppure battezzati. In tal caso, chissà, forse il compito sarebbe più facile. Essi, invece, si trovano in quella strana, scomoda situazione di cattolici “non praticanti”: quella “terra di nessuno” in cui si trovano la maggior parte degli italiani adulti d'oggi: battezzati, cresimati e sposati con rito cattolico o conviventi. In genere, non sono ostili a Cristo, anzi, per quel poco che lo conoscono o lo ricordano dal catechismo, lo approvano; a volte sono ostili a certe posizioni della Chiesa, soprattutto in campo morale, ma non hanno il desiderio di allontanarsene del tutto, se è vero che affollano le sacrestie quando si tratta di chiedere il battesimo per i loro figli, il matrimonio dei figli, o una Messa di suffragio.
Il problema della nostra comunità parrocchiale è quindi quello di avvicinare questa massa enorme di adulti, coi loro vissuti, i loro pregiudizi, la religiosità più o meno accentuata, più o meno “personalizzata”. D'altra parte, come si può parlare di comunità, quando il novanta per cento delle persone, se non di più, manca sistematicamente all'appello?
E allora bisogna cambiare metodologia. E’ questo un compito che dovremmo svolgere nei prossimi anni.
Formazione specifica
La formazione del gruppo liturgico per la preparazione e l'animazione della celebrazione non abbia soste e paure. Si tenga a tempo opportuno anche l'adorazione eucaristica, che può costituire un'ottima scuola ed esperienza di preghiera con la combinazione di momenti di ascolto, meditazione, silenzio, canto e invocazione, oppure con la celebrazione dei Vespri o con la recita del Rosario. La nostra parrocchia è chiamata ad offrire spazi di accoglienza a tutti: praticanti e non praticanti, famiglie regolari e convivenze irregolari, cristiani e non cristiani, credenti e non credenti. Ovviamente tali spazi dovranno essere differenziati secondo le diverse condizioni, specialmente per quanto riguarda la comunione eucaristica, alla quale può essere ammesso solo chi si trova in piena comunione spirituale e visibile con la Chiesa. Dobbiamo comunque sviluppare una pastorale di convocazione, che sappia creare occasioni di incontro, di dialogo, di formazione per tutti. La parrocchia sia casa di significativi rapporti umani per ragazzi, giovani, famiglie, anziani.
Attrezziamoci (anche a livello vicariale) per fare una programmazione annuale di musica per giovani, teatro, cineforum, conferenze e dibattiti su temi di rilevanza etica e sociale, conoscenza del cristianesimo e delle altre religioni, valorizzazione del patrimonio artistico ecc.
La tensione per l'evangelizzazione e la promozione umana deve portare a intensificare i rapporti con le famiglie, che costituiscono il primo e naturale interlocutore della parrocchia, e a effettuare una lettura attenta e costante del nostro territorio con i bisogni, le risorse, le difficoltà, le opportunità, le prospettive per il futuro. Chiedo di sviluppare la Caritas parrocchiale, come organismo pastorale per educare le persone all'impegno caritativo, per motivare evangelicamente e coordinare le forme di volontariato già esistenti, per tenere desta l'attenzione ai malati e alle varie povertà, antiche e nuove.
Promuovere la coscienza missionaria dei fedeli, lo spirito di servizio e la ministerialità diffusa è oggi obiettivo prioritario della pastorale.
Conclusione
Nell'avviarmi alla conclusione di questa lettera, vorrei programmare con voi anche i prossimi anni per meglio celebrare e ricordare quanto fin qui abbiamo detto.
Penso che la lettera pastorale dello scorso anno 2012-2013 e le linee tracciate e fin qui percorse non vadano abbandonate! Facciamo tesoro dei cammini diocesani che ci vengono proposti all’inizio e durante tutto l’arco dell’anno.
Annunciare, celebrare, testimoniare la fede, come dice Papa Francesco, è una triade fondamentale perché la crescita dei membri sia sempre più matura, adulta, pensata!
Non si può quindi prescindere o separare le tre componenti in quanto rappresentano l'unità essenziale di ogni comunità fondata sulla Parola, sul Sacramento e sulla Testimonianza: si tratta di riscoprire una unità costituita da tre elementi in una reciproca interdipendenza: la Parola tende a divenire Sacramento e Testimonianza; il Sacramento presuppone la Parola e genera la Testimonianza di vita; la Testimonianza scaturisce dalla Parola e manifesta la fecondità del Sacramento!
Noi sappiamo che "in principio era il Verbo; e il Verbo si fece carne" (Gv 1, 1). La Parola di Dio è il fondamento di ogni comunità dei credenti. Ma Paolo ci ricorda: "la fede dipende dalla predicazione e la predicazione si attua per mezzo della parola di Cristo (Rm 10,17) che è stato il primo evangelizzatore: "devo annunciare la buona novella del Regno di Dio; per questo sono stato mandato" (Lc 4, 43).
Come pastore di questa comunità parrocchiale, devo invitare tutti a ricercare, chiedere, accogliere, meditare la Parola di Dio perché solo così si attua anche un cammino di autoevagelizzazione che determina, poi, una crescita globale: "noi crediamo e perciò parliamo" (2Cor 4, 13).
Esorto, perciò tutti i miei collaboratori a rendersi disponibili perché in questo progetto si rendano disponibili a momenti di studio e di riflessione che terremo in Parrocchia: tutti saranno comunque invitati perché tutta la comunità è soggetto attivo e responsabile della catechesi che non è solo insegnamento della dottrina cristiana, ma anche esperienza di fede nella vita della comunità ecclesiale. E' chiaro, quindi, che non mi riferisco alla scuola di catechismo, ad una serie di lezioni, ma ad un confronto sulla Parola di Dio e alla sua incisività nella vita di ciascuno per promuovere e rafforzare una mentalità di fede e di appartenenza alla Chiesa.
Ma penso anche che lo spirito di questa lettera abbia lanciato un programma che diventa progetto anche per i prossimi anni: la famiglia.
Non possiamo, né vogliamo, prescindere da questa realtà che abbiamo cercato di puntualizzare: la cellula prima della società umana è anche immagine e preludio della Chiesa. Nella nostra realtà parrocchiale, vorrei che la pastorale fosse proiettata, principalmente, verso: la conoscenza delle varie realtà familiari esistenti, lo studio e la strategia dell'annuncio evangelico, la fantasia di realizzare l'annuncio con delle modalità operative perché quest’anno, possa essere un intero anno in cui annunciare, celebrare e testimoniare l'Eucarestia della famiglia, nella famiglia, per la famiglia.
Vorrei salutarvi con una vecchia canzone che cantavamo nella mia giovinezza e attuale oggi più che mai:
Cristo non ha mani,
ha soltanto le nostre mani,
per fare oggi le sue opere.
Cristo non ha piedi,
ha soltanto i nostri piedi
per andare oggi agli uomini.
Cristo non ha voce,
ha soltanto la nostra voce,
per parlare oggi di sé.
Cristo non ha più Vangelo,
che gli uomini leggano ancora,
ma ciò che noi facciamo, in parole ed opere
è il Vangelo che si sta scrivendo.
Le attività pratiche, i bilanci, i lavori e le spese le potrete seguire sul nostro foglio settimanale.
Il Signore ci benedica e mostri il suo volto benevolo su tutte le nostre famiglie, soprattutto per i malati, i più deboli, i bambini e ragazzi nel loro cammino di fede
d. Pino, p. Giorgio. d. Tarcisio e Diacono Tommaso