Lettera Pastorale 2016-2017

   



Arcidiocesi di Lanciano-Ortona

Comunità Parrocchiale san Tommaso apostolo
Ortona 


SCEGLI IL BENE
Lettera Pastorale 2016-2017
 



 

Carissimi

La bontà e la misericordia di Dio siano le nostre compagne lungo i sentieri della vita.

Abbiamo concluso l’anno giubilare della Misericordia e di questo siamo grati al Signore per tutti i benefici che ci ha voluto elargire in quest’anno di grazia.

L’anno scorso Papa Francesco ci ha chiesto di lasciarci educare dal pensiero della misericordia di Cristo. Ci chiede quest’anno di approfondire il suo invito, di rispondere con il cuore per diventare discepoli del SignoreSe siamo stati bravi, anche noi ci siamo sforzati di osservare i “comandamenti” fino all’«amerai il prossimo tuo come te stesso», esattamente quello che Gesù è venuto ad insegnarci, mostrandoci i suoi veri sentimenti. Ma per la nostra felicità, ci manca ancora qualcosa. Lo comprende bene il Signore che propone a quel giovane e a ciascuno di noi di fare un passo in avanti, quello decisivo, che implica una scelta e porta a cambiare vita, donando quel che si possiede per il bene dei poveri e dicendo “sì” a quella parola chiave che è «Seguimi!».

È questa la vocazione, a cui ciascuno è chiamato, sapendo di dover rispondere ad un disegno che è scritto, perché ognuno di noi abbia «un tesoro nel cielo».

Continuiamo allora il nostro cammino di Fede con l’entusiasmo che sempre ci ha distinto e soprattutto invocando lo Spirito Santo che ci guidi nei sentieri della Parola di Dio, dei Sacramenti e del Magistero della Chiesa. Vorrei sviluppare questo in tre punti, che ho scelto per voi.

1. Vorrei iniziare con un brano che stavo leggendo: il racconto del Vangelo sulla tempesta sedata (Mt.8,23-27) e una frase mi ha colpito in modo particolare.

Gesù prima di calmare la tempesta rimprovera gli apostoli impauriti: “Uomini di poca Fede!”

Possiamo facilmente spostare la scena alla situazione della Chiesa, tanto quella delle origini, che presto conobbe la persecuzione, come quella di oggi e di tutti i tempi, che cammina verso Dio tra stanchezza e speranze. A causa della nostra debole fede diventiamo spesso nervosi; ma Gesù non delude. Egli guida sempre il suo popolo, sia in tempo di calma che in tempo di crisi e di avversità. Lo ha promesso e lo fa: «Sarò con voi fino alla fine dei tempi ››. Per questo il potere del male non affonderà mai la barca della Chiesa.

La sequela di Cristo ha le sue difficoltà, oggi come sempre. Se nel passato era relativamente facile vedere la presenza e la mano di Dio negli avvenimenti della natura e della storia, oggi invece, in un mondo secolarizzato, il credente ha bisogno di una fede robusta e senza paura per scoprire la presenza del “Dio addormentato e assente” in mezzo alle aspirazioni dell'uomo attuale, nell'impegno personale e comunitario per la giustizia, il progresso e l’azione al servizio della promozione e della liberazione umana, specialmente dei più derelitti.

Non mancheranno i momenti di prova per la nostra fede, simili a quelli della tormenta sul lago. Quando la tempesta ci flagella spietata; quando la Chiesa di Cristo è perseguitata e incatenata; quando il male trionfa e i valori del bene e della verità sono oscurati; quando soffriamo ingiustamente; quando ci visita con insistenza il dolore; quando la povertà, la malattia, la sventura o la morte sono prepotentemente presenti nella nostra vita; quando, in una parola, ci rattrista il silenzio di Dio che sembra «fare la siesta››, come Gesù sulla barca, allora sorge spontaneo il lamento sulle nostre labbra:  “Non t’importa che moriamo?”.

Se il nostro grido è preghiera, va bene; ma se è sfiducia per mancanza di fede, dovremo ascoltare il rimprovero di Gesù: “Uomini di poca fede!”.

2. Al secondo posto metterei allora “vivere una religione autentica”. Gesù a più riprese nel Vangelo viene rimproverato perché va con gente di cattiva fama. Perché questa preferenza di Gesù per gli emarginati della salvezza?  “non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.

Gesù provoca intenzionalmente lo scandalo dei puritani, prendendo partito per i peccatori, per mostrare la misericordia di Dio che li accoglie e li perdona come fa il padre con il figliol prodigo. Ma fece ancora di più: avvertì i capi religiosi del popolo che i pubblicani e le prostitute stavano prima di loro sulla strada del regno di Dio. Di fatto, furono i peccatori e gli ignoranti, i piccoli e i poveri, i malati e gli emarginati, che afferrarono il messaggio liberatore di Cristo meglio dei giusti e dei saggi, dei grandi e dei dotti.

Nessuno, quindi, deve scandalizzarsi; perché la misericordia di Dio non è complicità e lassismo permissivo, ma ricerca del1'uomo per migliorarlo e redimerlo.

Matteo era un emarginato dalla salvezza e un discriminato sociale, come lo sono oggi tanti uomini e donne. Tuttavia, o proprio per questo, Cristo lo restituisce alla sua condizione di persona e di figlio di Dio dandogli fiducia con l'invito « Seguimi ››; fiducia che, di certo, aveva tutti i presupposti contro. Però per il Signore la purezza religiosa autentica non è quella legale, ma la conversione all'amore, alla pietà e alla misericordia. 

Rifacendosi alla frase di Dio riportata dal profeta Osea:  “Misericordia io voglio e non sacrificio” (Os 6,6), Gesù non patrocina una religione senza culto, ma una religione essenziale che non s'accorda con una pratica puramente ritualistica, estranea all'impegno della vita. In linea con i profeti, Cristo dice no a una religione che passa sopra all'uomo e all'amore per il fratello. Non è un dilemma esclusivo; non si tratta di sopprimere il culto liturgico, i « sacrifici ››, ma di proiettare la celebrazione del culto verso l'amore e la fratellanza, che rompono le barriere discriminatorie; verso la giustizia che libera i più deboli.

Noi ogni giorno dobbiamo esaminare le nostre motivazioni religiose: perché crediamo in Dio e pratichiamo la religione? Ci sono motivazioni false e motivazioni autentiche. 

Tra le false motivazioni abbiamo: vedere la religione come un'assicurazione che garantisce la propria salvezza; l’individualismo egoista, che ricerca se stesso; la religione mercantile del merito spirituale; la paura del castigo di Dio, quando questo timore non è accompagnato dall'amore; il ritualismo a base di formule che cerca di guadagnarsi magicamente il favore divino con meccanismi cultuali; lo spirito di ghetto incontaminato e privilegiato, freddo e scontroso davanti agli altri, ecc.

Tra le motivazioni autentiche, in linea con la sincerità evangelica sullo stile di Gesù, ci sono: la fede e l’abbandono incondizionati a Dio come risposta a un amore che ci precede prima in Cristo; Patteggiamento di ricettività e povertà davanti alla gratuità di Dio, che ci ama perché è buono e non perché lo meritiamo; l'adorazione del Padre in spirito e verità; la pietà e la misericordia che privilegiano l'amore per il fratello; l'apertura all'emarginato sociale e religioso; la comprensione, la tolleranza e la giustizia, anche sopra allo stesso culto; in definitiva, la conoscenza di Dio per mezzo di suo Figlio e della sua Parola personale che è Cristo, fatto uomo per noi, “il quale è stato messo a morte per i nostri peccati” ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione» (Rm 4,25).

3. Infine una raccomandazione continua di Gesù ai Dodici: “Predicate che il regno dei cieli è vicino”. Così egli aveva iniziato la sua predicazione. Il messaggio essenziale che deve trasmettere oggi la Chiesa e perciò la nostra comunità parrocchiale, è la buona novella che Dio ama l'uomo, lo invita alla fede, alla sua amicizia, alla sua adozione filiale e alla fratellanza umana attraverso la sequela di Cristo che è l'uomo nuovo.

Gesù non fu un rivoluzionario, né un ideologo, né un antropologo, né un tecnocrate esperto in programmazione e finanze. Tuttavia la speranza teologale e umana che il suo annuncio del regno risvegliò nei cuori umili e aperti a Dio non fu neanche celestiale e avulsa dalla dura realtà quotidiana, che egli accettò e trasformò con la sua incarnazione.

Riflettendo, per esempio, sul discorso della montagna, il cui prologo sono le beatitudini, ci rendiamo conto della sua carica esplosiva e rivoluzionaria, ma che va in profondità e verso l”interno della persona. È il cuore che bisogna convertire ai nuovi criteri e valori della giustizia del regno. Convertito l'uomo, possono trasformarsi le strutture sociali; perché rimodellando l'uomo si ricostruisce la carta geografica del mondo.

La missione di salvezza e l'opera evangelizzatrice di Gesù sono rimaste nelle nostre mani per sua delega, anche se con l’assistenza dello stesso Gesù per mezzo del suo Spirito. « Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare il sacrificio del Cristo nella santa messa che è il memoriale della sua morte e della sua gloriosa risurrezione ›› (EN14).

Tutti noi membri della Chiesa, tanto quelli che la presiedono che i fedeli, abbiamo bisogno di una vasta catechesi e una altrettanto mistagogia, sulla nostra missione evangelizzatrice, sul servizio evangelico e sulla stessa Chiesa come comunità di uomini e donne che, malgrado la fragilità umana, seguono, annunciano e testimoniano Cristo.

Diversi settori di evangelizzazione definiscono le urgenze apostoliche di oggi. La situazione attuale richiede un impegno di tutta la comunità cristiana nell’opera evangelizzatrice, per passare da una pastorale di conservazione e di cristianità a una Chiesa in perenne stato di missione, affinché la forza del vangelo penetri e vivifichi le nuove forme culturali della nostra società.

Vi voglio segnalare alcune linee e settori d'intervento e di testimonianza cristiana su cui durante l’anno possiamo confrontarci.

a) Abbiamo bisogno di un atteggiamento di dialogo, cioè di accoglienza e discernimento dei valori della cultura attuale (GS 57s). Questo implica riconoscere la presenza multiforme dello Spirito di Cristo nel nostro mondo, nella nostra comunità parrocchiale nel momento attuale, e vivere completamente la corresponsabilità e la comunione ecclesiale dentro una legittima pluralità di accentuazioni e di scelte (LG 13,3).

b) Sono anche necessarie la professione e la presenza pubblica della nostra fede in Cristo, senza chiuderci in ghetti né isolarci, come comunità parrocchiale, come gruppo e come individui, nell'intimo della piccola comunità o della vita privata.

Per questo bisogna orientare all'apostolato e all'evangelizzazione la nostra vita della comunità e dei gruppi, utilizzando il nostro apostolato in tutta la sua ampiezza: a livello sociale, culturale, lavorativo e dei mezzi di comunicazione di massa (AG 21; EN 45).

c) Dobbiamo rafforzare le forme di testimonianza, specialmente negli ambienti più deboli ed emarginati, e di presenza nello spazio evangelico comune a credenti e non credenti per affermare ciò che è umano: giustizia, promozione e diritti della persona. Così renderemo evidente l' amore, che è l'essenza del cristianesimo. Poiché « le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore ›› (GS 1).

Gesù ha bisogno delle nostre braccia e delle nostre mani, perché la messe è molta e gli operai sono pochi.

Un giornalista contemporaneo ha scritto: “Sono lieto che il cattolicesimo torni a scandalizzare. Perché è meglio che sia considerato «follia» piuttosto che il brodino politically correct che vediamo oggi. Scriveva Georges Bernanos: «Il buon Dio non ha scritto che noi fossimo il miele della terra, ragazzo mio, ma il sale. Il sale sulla pelle viva, è una cosa che brucia, ma le impedisce di marcire».

Manda, Signore, molti e buoni operai al tuo campo e infondi in noi uno spirito apostolico d'accoglienza, presenza, testimonianza e liberazione dei derelitti, perché in Cristo siano nostre le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei fratelli e sorelle.

Con gli auguri più cari e affettuosi di un Dio, che si fa uomo per renderci Figli di Dio,camminiamo lungo i sentieri della vita, riscoprendo quanto è grande l’amore che ci lega e che è stato riversato nei nostri cuori.

                                                                                             d. Pino, p. Giorgio, Diacono Tommaso